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“1 Km da Wall Street” di Oliver Stone


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Soldi, soldi, soldi! Quel che conta è farne il più possibile, “farsi” la Ferrari, avere l’appartamento più grande, le donne più belle, frequentare i locali giusti e più esclusivi. E tutto questo non domani o in futuro o prima possibile, ma subito. Quanta gente occorra rovinare, quante famiglie gettare sul lastrico, quanta sofferenza seminare attorno a se questo non conta, non ha la minima importanza.
“Ti piacerebbe diventare milionario in un anno? Accetteresti di diventarlo?” si sente chiedere Seth Davis, il protagonista di “1 Km da Wall Street”.
E lui accetta. Accetta di entrare in una Boiler Room, uno dei luoghi segreti di società di brokeraggio dove gli agenti fanno pressioni su clienti ai quali viene detta qualsiasi cosa pur di strappare un sì che immancabilmente li porterà alla rovina. Gli a genti, tenuti sotto pressione fino allo spasimo (Ricordate che un buon broker non fa meno di 400 telefonate al giorno! Dovete fare almeno 400 telefonate al giorno!) inducono i clienti ad acquistare azioni di società sconosciute o fasulle in cambio di commissioni stratosferiche. Seth, con la speranza di riuscire a conquistare l’approvazione e l’amore del padre, famoso magistrato, si trova catapultato in una sorta di confraternita segreta con un proprio codice di condotta, un proprio linguaggio e persino un ordine gerarchico in cui anche l’abito segna la bravura e la ricchezza di ognuno. Ogni scrupolo morale è bandito e chi se ne lascia catturare è un debole, un perdente. Chi mostra un minimo di esitazione nel colpire, chi fa una domanda di troppo, chi non è scaltro e veloce, chi non da tutto se stesso al lavoro è immediatamente e brutalmente escluso.

Ben presto Seth si scopre bravo, sciolto e convincente; trova fin da subito clienti ai quali vendere azioni che non valgono nulla, fino a quando, mosso dalla curiosità di sapere come possano girare tanti soldi, si ritrova invischiato in un’indagine federale, arrivando a perdere tutto. Quel che riesce a non perdere completamente è un residuo di rettitudine che lo indurrà a denunciare il meccanismo perverso, accettando di pagare di persona il prezzo dei suoi comportamenti.
1 Km da Wall Street è una storia di giovani rampanti del nostro tempo, cui viene promesso molto e per i quali far soldi velocemente è considerato l’unico modo per entrare nel mondo della rispettabilità e del potere.
Questo è ciò che succede quando si perde ogni sentimento etico, sembra dirci il regista; è ciò a cui si va incontro quando, moralmente disorientati, ci si lascia irretire dal fascino del potere e dei soldi. La dimensione tragica della vicenda non sta, infatti, nella determinata malvagità di chi, per ottenere i propri scopi, danneggia una enorme quantità di persone. Non c’è perfidia, bensì semplice dimenticanza, povertà di discernimento, oblio delle conseguenze delle proprie azioni. Si tratta di una professione come tante altre, che porta denaro, molto denaro. Per averlo occorre fare questo e quest’altro e dunque lo si fa.
1 km da Wall Street è uno di quei film che dovrebbero vedere coloro che sono in procinto di lasciarsi tentare da avventure, anche italiane, che promettono ciò che non potranno mai mantenere.
Ma dubitiamo fortemente che possa entrare a far parte del loro itinerario formativo.

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