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I soffioni


Un uomo che andava molto fiero del suo prato
all’inglese si trovò ad avere una gran quantità di soffioni.
Provò ogni metodo a lui noto
per sbarazzarsene, ma continuavano a tormentarlo.

Alla fine scrisse al ministero dell’agricoltura.
Enumerò tutti i tentativi fatti
e concluse la sua lettera
chiedendo: “Cosa faccio ora?”

A tempo debito giunse la risposta:
“Le consigliamo di imparare ad amarli”.
Anch’io avevo un prato all’inglese di cui andavo fiero
e anch’io ero ossessionato dai soffioni che combattevo
con ogni possibile mezzo.
Così imparare ad amarli non fu facile.

Iniziai parlando loro ogni giorno. Cordiale. Amichevole.
Essi mi rispondevano solo con astioso silenzio.
Erano ancora addolorati per la guerra che avevo intrapreso
contro di loro. Probabilmente erano anche un pò
diffidenti circa le miei intenzioni.

Ma non ci volle molto perché ricambiassero il mio sorriso.
E si rilassassero. E rispondessero persino a ciò che dicevo loro.
Ben presto diventammo buoni amici.

Il mio prato, ovviamente, era rovinato, ma quanto
divenne gradevole il mio giardino!

Un tale stava diventando gradualmente cieco e lottava
contro questo evento con ogni mezzo a sua disposizione.
E qunado le medicine non servirono più a combatterlo,
cominciò a lottare con tutte le sue emozioni. Mi ci volle
del coraggio per dirgli: “Ti consiglio di imparare ad amare
la tua cecità”.

Fu una dura lotta. All’inizio non voleva avere niente
da fare con la cecità. Non voleva dirle neppure una parola.
E quando finalmente si sforzò di parlare, le sue parole erano
rabbiose e amare.
Ma continuò a parlare e le parole a poco a poco divennero
parole di rassegnazione, di tolleranza e di accettazione… e,
un giorno, con sua stessa sorpresa, divennero parole d’amicizia…
e di amore.
Poi venne il giorno in cui fu in grado di abbracciare la sua cecità e
dirle “Ti amo”. Fu il giorno che lo vidi sorridere di nuovo.
Un sorriso così dolce!

La sua vista, ovviamente, era rovinata per sempre,
ma quanto divenne bello il suo viso. Molto più bello
di prima che la cecità si stabilisse da lui.

Da “Il canto degli uccelli”
di Anthony De Mello

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