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“L’arte di vincere” di Bennett Miller


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“L’arte di vincere” dice il titolo italiano, ma forse sarebbe più corretto “La scienza di vincere”, perché è proprio così che il general manager Billy Beane-Brad Pitt (ottimo), aiutato dallo scaltro analista Peter Brand-Jonah Hill (sorprendente in un ruolo sommesso e impacciato) cerca di mettere in piedi la sua squadra “perfetta”.

Con l’ausilio di un software per computer che calcola la percentuale di basi raggiunte da tutti i giocatori della Major League, Beane riesce a massimizzare le ristrettezze del budget della propria squadra, scandalosamente inferiore a quello di altri team, utilizzando giocatori aprioristicamente scartati e sottovalutati da altri per deficit fisici o comportamentali. E questo nonostante opposizioni e sberleffi di colleghi e amici.

“Dobbiamo comprare vittorie, non giocatori” gli consiglia il giovane statista, e difatti Beane ha l’intuizione giusta, comprende che il gioco può essere frutto di un calcolo, di una previsione matematica. Nell’agire del GM degli Oakland’s Athletics si nascondono i germi di un nuovo modo di intendere lo sport e il futuro.

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