Quella del controllo è una questione molto complessa. Molti di coloro che si rivolgono a una clinica psichiatrica come la nostra non riescono ad ottenere quello che vogliono perché si lasciano andare alla deriva senza obiettivi ben chiari. O, se li hanno, mancano di un piano disciplinato per raggiungerli. Da principio vedevo questi pazienti come dei pigri, e quindi tentavo tutta una varietà di discorsi motivazionali per scuoterli e indurli a muoversi. Ben presto, però, scoprii che i miei piccoli sermoni non sortivano alcun effetto. Mentre parlavo, l’espressione dei loro occhi si faceva sempre più assente. Quanta più eloquenza profondevo sulle loro infinite possibilità e sul valore della perseveranza, tanto più apparivano disinteressati.
Ripensandoci, non capisco perché impiegai tanto tempo a scoprire che quei pazienti avevano una serie ben precisa di convinzioni su come funziona la vita, e che non c’era discorso ispiratore capace di smuoverli, finché non fossi riuscito ad aiutarli a cambiare il loro sistema di convinzioni. Quei pazienti non erano pigri. Erano pessimisti e passivi perché credevano di non avere alcuna possibilità di controllo sulla loro sorte.
Nel cercare di comprendere le origini di quella rassegnazione, andai a rileggermi alcune famose ricerche dello psicologo Martin E. P. Seligman su quella che lui definiva impotenza acquisita. I suoi studi rivelavano che in genere le persone depresse avevano avuto esperienze dalle quali avevano concluso che, per quanto si sforzassero, vi sarebbero sempre state forze avverse più potenti di loro. Di conseguenza, divenivano inette e depresse.
Prendiamo in esame una paziente con la quale lavorai per più di due anni. Ne aveva nove quando la madre perse la vita in un incidente d’ auto. Non è difficile comprendere perché crebbe come se fosse ricoperta da una dura scorza. Non soltanto temeva che nuove sventure potessero colpirla da un momento all’altro, ma era pure convinta che qualsiasi cosa le fosse accaduta, sarebbe stata al di là del suo controllo. L’incidente capitato alla madre potrebbe essere stato un caso fortuito, ma un evento del genere può diventare la base del modo di vedere di una persona.
Per contro, i fiduciosi a oltranza di cui stiamo discutendo hanno acquisito la convinzione – a volte per un caso altrettanto fortuito – di avere un grande potere sulle circostanze, e questa certezza d’essere al posto di guida li aiuterebbe a resistere anche dopo che gli altri si sono arresi da un pezzo.
Nonostante la paralisi causata dalla poliomielite, Franklin D. Roosvelt possedeva un’energia fisica eccezionale. Al suo ritorno nella capitale da un tour estenuante, con l’aria d’essere fresco e riposato, qualcuno gli domandò come potesse fare tante cose senza sentirsi stanco. “Lei” rispose Roosvelt “sta parlando con uno che ha speso due anni a tentare di imparare come si agita un alluce”.
da “La forza dell’ottimismo” di Alan Loy McGinnis – Edizioni “Le guide de Il Sole 24 ore”