Ci sono tempi nella storia in cui l’emotività e le sensazioni “di pancia” diventano il criterio per giudicare quello che accade.
Nel 33 d.C. chi faceva miracoli è stato messo in croce e Barabba in libertà, nel 1938 chi non era ariano è stato estromesso dall’insegnamento nelle scuole e poi è finita come tutti sappiamo, oggi puoi attraccare in porto solo se hai la pelle chiara.
Questo film – Green book – ora nelle nostre sale, ci racconta come il saperci mettere in relazione con chi è diverso da noi sia una ricchezza, più che un limite.
Una strana coppia (bravissimi gli attori, entrambi candidati all’Oscar) sfreccia per le strade tutte dritte e uguali del sud degli Stati Uniti. Uno davanti e uno dietro, il loro atteggiamento a tratti partecipe, più spesso annoiato, ci accompagna in una cavalcata di alcune settimane, ma anche di alcuni secoli, all’interno del mondo più intollerante e razzista degli Stati Uniti. Oltretutto siamo agli inizi degli anni ’60 e il tizio che guida, l’autista, è un bianco, mentre il suo datore di lavoro, seduto dietro in modo composto e vestito con eleganza, è un nero.
Green Book racconta la storia realmente accaduta di un’amicizia nata per caso e consolidatasi lungo quelle strade di due persone che più diverse non si potrebbe: Tony è un buttafuori italo americano, Don un pianista di fama dal grande talento, pioniere fra gli afroamericani accettati nei circoli esclusivi della musica americana. L’artista abita a New York, sempre solo in un sontuoso appartamento, con tanto di trono, proprio sopra un tempio della musica come il Carnegie Hall, mentre Tony è circondato da una famiglia numerosa, sempre riunita intorno a una tavola imbandita, in puro stile Little Italy.
Tony ha bisogno di soldi, le bocche da sfamare sono tante e il locale in cui lavora è stato chiuso per alcuni mesi; Don, da parte sua, soldi ne ha tanti, così come ha necessità di qualcuno che lo porti in giro e organizzi viaggi e pasti. Per farlo, Tony studierà disciplinatamente una guida tanto ignobile quanto poco conosciuta dalle nostre parte: la Negro Motorist Green Book, che indica i ristoranti e gli hotel che accettavano neri. Il tenore di vita alto borghese è quello del nero Don, ma negli alberghi migliori può dormire solo il bianco Tony.
Alla fine, senza effettuare alcuno spoiler, il loro sorriso aprirà una breccia nei cuori, anche di quelli seduti in sala a vedere il film.
Privo della pesantezza di un certo cinema militante, contiene in realtà una carica politica molto forte e capace di arrivare molto più efficacemente a destinazione.
Si ride, ci si indigna, ci si commuove e si pensa anche a una storia che fino a pochi anni fa sembrava lontana e invece oggi suona molto recente.
Tiziano Conti