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Nove punti capitali


Primo: qual è la mia posizione rispetto agli altri e come siamo venuti al mondo gli uni per gli altri; e, per altro verso, come io sono nato per proteggerli, così come l’ariete protegge il suo gregge e il toro la mandria.

Secondo: come sono costoro a tavola, a letto, e così via, e soprattutto quali azioni considerano necessarie in conseguenza delle loro opinioni, e con quale arroganza le compiono.

Terzo: se fanno le cose con ragione, non devi adirarti; se invece le fanno senza ragione, è chiaro che agiscono non di proposito e senza esserne coscienti, perché nessuna anima si priva di proposito della verità, della possibilità di trattare ciascuno secondo il suo merito; tant’è vero che uno si irrita a sentirsi dare dell’ingiusto, dello sconsiderato, dell’avido, cioè, per dirla in una parola, del disonesto nei confronti del prossimo.

Quarto: sbagli spesso anche tu e vali quanto gli altri; e se certi errori è vero che li eviti, hai però ugualmente la tendenza a commetterli, e solo per viltà, per ambizione o per qualche altro vizio del genere te ne astieni.

Quinto: del fatto che sbaglino, poi, tu non sei neppure sicuro; molte azioni, infatti, le si compiono in base a una determinata logica e sono tante, in genere, le cose di cui bisogna essere a conoscenza per poter esprimere un giudizio corretto sulle azioni altrui.

Sesto: quando sei in preda all’ira, ricordati che la vita umana dura un istante e che presto saremo tutti lunghi distesi sul letto di morte.

Settimo: ciò che ci irrita non sono le loro azioni, poiché risiedono nel loro principio direttivo particolare, ma è il giudizio su di esse. Allora decidi di eliminare il tuo giudizio su ciò che ti pare così grave e la collera se ne andrà. Ma come eliminarlo? Riflettendo che nella colpa altrui non v’è niente di immorale per te. Perché se non fosse vero che ciò che è moralmente cattivo è il solo male, commetteresti necessariamente molte colpe anche tu e diventeresti un bandito o altre cose simili.

Ottavo: l’ira e il dispiacere che ne segue provocano in noi danni molto più gravi delle cose stesse per cui ci adiriamo e rammarichiamo.

Nono: la bontà è invincibile quando è genuina e priva d’affermazione o ipocrisia. Che male può farti, infatti, l’uomo anche più insolente, se tu continui a essere ben disposto verso di lui e all’occorrenza sai ammonirlo con dolcezza e mostrargli con calma il suo errore nel momento stesso in cui cerca d’offenderti?
Quando sei in preda alla collera, tieni presente che non è l’adirarti che fa di te un uomo, mentre mitezza e cortesia sono indizi sia di maggiore umanità sia di maggiore virilità, e solo chi ne è dotato, non chi s’indigna e s’offende, dà prova di possedere la vera forza, i nervi veramente saldi, il vero carattere; perché quanto più quest’atteggiamento è vicino all’imperturbabilità, tanto più lo è alla forza, mentre anche la collera, come il dolore, è segno di debolezza, perché cede sempre, chi ne è colpito.

Marco Aurelio
da “Pensieri”

 

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