Non sai mai cosa ti riserverà la prossima onda, per questo, nella vita come nel surf, devi avere fede ed essere sempre pronto a rialzarti.
Non sappiamo mai di cosa siamo davvero capaci fino a che non siamo messi alla prova; per Bethany Hamilton, bionda surfista in erba, la “prova” è l’incontro ravvicinato coi denti di uno squalo tigre di quattro metri. E, tutto sommato le va ancora bene anche se, ritrovarsi adolescente senza un braccio per uno “shark attack”, non deve essere facile.
Significa reiniziare a vivere, significa imparare a fare tutto da capo e a farlo in maniera diversa. Significa, soprattutto, essere capaci di mettersi alle spalle il passato e chiedersi cosa fare adesso.
Decidere di ricominciare a vivere.
E’ quello che fa Bethany, con ostinata speranza riprende a surfare perché è ciò che la rende felice. Non la fermano la fatica, il sentirsi diversa, il sentirsi compatita.
Anche l’esperienza di volontaria tra i sopravvissuti al passaggio dello tsunami in Thailandia contribuisce a rafforzare in lei la convinzione che le nostre tragedie quotidiane, i nostri limiti, le nostre prove non possono mai avere l’ultima parola. Figuriamoci uno squalo tigre!Soul Surfer è il tipico film made in USA che attinge a quella schiera di eroi quotidiani che incontriamo ogni giorno anche in ufficio. Lo fa in maniera onesta a volte un po’ stereotipata ma fedele alla realtà dei fatti. Bethany è una persona vera e davvero uno squalo le ha staccato un braccio quando aveva tredici anni e davvero lei ha ripreso a vivere come se nulla fosse diventando surfista professionista e personaggio pubblico. Un film che parla dei figli ai genitori e viceversa, per questo vale la pena vederlo insieme.
Mario E.M. Fumagalli