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Il bene piu’ prezioso


E cosa di un uomo grande e al di sopra degli errori umani non farsi sottrarre nulla del proprio tempo, e la sua vita è lunghissima proprio perché, qualunque fu la sua durata, è stata tutta per lui. Nessun istante ne restò inutilizzato e inattivo, nessuno alla mercé di altri: perché non trovò nulla che meritasse di essere scambiato col suo tempo, e ne fu risparmiatore attentissimo. Perciò gli fu sufficiente. Ma è inevitabile che sia mancato a quelli, della cui vita molto portò via la gente. Non credere che prima o poi non si rendano conto della loro perdita; di sicuro udrai la maggior parte di quelli, su cui pesa una grande fortuna, tra le caterve dei clienti e la gestione delle cause e le altre onorifiche miserie esclamare di tanto in tanto: “Non mi è consentito vivere”. E perché dovrebbe esserlo? Tutti quelli che ti chiedono di assisterli, ti allontanano da te. Quell’imputato quanti giorni ti ha portato via? Quanti quel candidato? Quanti quella vecchia stanca di seppellire eredi? Quanti quello che si è finto malato per stuzzicare le brame dei cacciatori di eredità? Quanti quel potente amico, che vi tiene non per amicizia, ma per mostra? Fa il bilancio, ripeto, fa la rivista dei giorni della tua vita: vedrai che te ne sono avanzati ben pochi e di scarto. Quello, ottenuta la carica agognata, non vede l’ora di deporla e non fa che ripetere: “Quando passerà quest’anno?” Quello organizza i giochi cui tanto teneva e dice: “Quando ne verrò fuori?”. Quell’avvocato è conteso in tutto il foro e per ascoltarlo si accalcano fin dove non è possibile udirlo: “Quando” dice “ci saranno le ferie?”. Ognuno brucia la sua vita e soffre per il desiderio del futuro, per il disgusto del presente. Ma chi sfrutta per sé ogni ora, chi gestisce tutti i suoi giorni come una vita, non desidera il domani né lo teme. Non c’è ora che possa apportare una nuova specie di piacere. Tutto è già noto, tutto goduto a sazietà. Del resto la sorte disponga come vorrà: la vita è già al sicuro. Le si può aggiungere, non togliere, e aggiungere come del cibo a uno già sazio e pieno, che non ne ha più voglia ma ancora la capienza. Non c’è dunque motivo di credere che uno sia vissuto a lungo perché ha i capelli bianchi o le rughe: non è vissuto a lungo, ma è stato al mondo a lungo. Come credere che ha molto navigato chi la tempesta ha sorpreso all’uscita dal porto menandolo qua e là in un turbine di venti opposti e facendolo girare in tondo entro lo stesso spazio. Non ha navigato molto, ma è stato sballottato molto.

Mi fa sempre meraviglia vedere alcuni chiedere tempo e chi ne è richiesto così arrendevole; l’uno e l’altro guarda allo scopo per cui si chiede il tempo, nessuno dei due al tempo in sé: lo si chiede come fosse niente, lo si dà come fosse niente. Si gioca con la cosa più preziosa di tutte. Non ne hanno coscienza, perché è immateriale, perché non cade sotto gli occhi, e perciò è valutata pochissimo, anzi non ha quasi prezzo. Assegni annuali, donativi gli uomini li ricevono come tesori e nel procurarseli impiegano le loro fatiche, il loro lavoro, la loro solerzia: nessuno dà valore al tempo; ne usano senza risparmio, come fosse gratis. Ma vedili quando sono ammalati, se incombe pericolo di morte, toccare le ginocchia dei medici; se temono la pena capitale, pronti a sborsare tutto quello che hanno pur di vivere: tanto sono discordi i loro sentimenti. Che se fosse possibile a ognuno aver dinanzi agli occhi il numero degli anni futuri, al pari dei passati, come sbigottirebbe chi ne vedesse avanzare pochi, come ne farebbe economia! Eppure è facile amministrare ciò che è sicuro, per quanto esiguo; si deve custodire con maggior cura ciò che non sai quando verrà a mancare. E tuttavia non credere che ignorino che cosa preziosa sia: a quelli che amano di più ripetono di essere pronti a dare parte dei propri anni. Li danno senza rendersene conto: li danno in modo di toglierli a sé senza accrescerli a loro. Ma non sanno neppure se li tolgono: perciò gli è sopportabile una perdita che è un danno inavvertito. Nessuno ti renderà gli anni, nessuno ti restituirà a te stesso; andrà il tempo della vita per la via intrapresa e non tornerà indietro né arresterà il suo corso; non farà rumore, non darà segno della sua velocità: scorrerà in silenzio; non si allungherà per editto di re o favore di popolo; correrà come è partito dal primo giorno, non farà mai fermate, mai soste. Che avverrà? Tu sei affaccendato, la vita si affretta: e intanto sarà lì la morte, per la quale, voglia o no, devi aver tempo.

C’è niente di più stolto del pensiero di quegli uomini, che si piccano di essere previdenti? Le loro occupazioni sono più laboriose: per poter vivere meglio, organizzano la vita a spese della vita. Fanno programmi a lunga scadenza; ora il maggior spreco della vita è il differirla: è questo a procrastinare ogni giorno che viene, è questo a scippare il presente, mentre promette il futuro. Il maggior ostacolo al vivere è l’attesa, che dipende dal domani, perde l’oggi. Predisponi ciò che è in potere della fortuna, lasci andare ciò che è il tuo potere. Dove miri? Dove di proietti? Tutto quello che deve avvenire è incerto: vivi senza indugio. Ecco, grida il più grande dei poeti e come per divina ispirazione canta un canto di salvezza: “i migliori giorni della vita sono i primi a fuggire per gli sventurati mortali”. “Che indugi?” dice “Che aspetti? Se non te ne impossessi, fuggono.” E anche quando te ne sarai impossessato, fuggiranno: bisogna dunque gareggiare in velocità col tempo e attingere presto come da un torrente rapido e non perenne. È bello anche che a biasimare un indugio senza fine dica non “il tempo migliore”, ma “i giorni”. E tu, indifferente e placido in tanta fuga del tempo, ti riprometti una lunga serie di mesi e di anni, secondo la tua avidità? Ti parla di un giorno, e di un giorno in fuga. C’è dunque dubbio che i migliori giorni fuggano ai mortali sventurati, ossia affaccendati? Sui loro animi ancora infantili piomba la vecchiaia, cui giungono impreparati e inermi, non avendola mai prevista: ci sono cascati di sorpresa, non si accorgevano che si avvicinava ogni giorno. Come una conversazione o una lettera o un pensiero intenso inganna chi viaggia e si rende conto di essere giunto prima che di stare per giungere, così questo viaggio della vita ininterrotto e velocissimo, che percorriamo con lo stesso passo svegli e dormenti, agli affaccendati non è visibile che alla fine.

Seneca
Da “La brevità della vita”

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