Quando qualcosa supera la descrizione concettuale e tuttavia vuole essere comunicato si possono seguire alcune strade.
Si può dire che è indicibile, utilizzare affermazioni negative (non è…), si può sostenere che certi argomenti sono impossibili da trattare secondo logica, si possono raccontare delle storie. Le storie zen, soprattutto, pongono domande, e lo fanno sotto la forma del dialogo, usato come espressione di un linguaggio vivo, opposto alla rigidità della lingua scritta.Sono suggerimenti della via, come un dito che indica la luna, ma non sono la via. Puoi conoscere migliaia di libri e rimanere un ignorante per lo zen, se ancora non hai visto al fondo della tua natura. La definizione dello zen attribuita a Bodhidharma è tuttora la più celebre: “una trasmissione speciale al di fuori delle scritture, che non si basa su parole o lettere, ma punta direttamente al cuore dell’uomo, che vede nella propria natura e raggiunge lo stato di Buddha.”
Scopo dello zen è l’illuminazione (satori), esperienza immediata della natura di tutte le cose, anzitutto quelle della vita quotidiana.
Quando non esiste più separazione fra chi conosce e ciò che è conosciuto la conseguenza è l’illuminazione.
Chi raggiunge il satori, dicono i testimoni, sente il prodigio della vita schiudersi in ogni atto, avverte le opposizioni conciliarsi in un tutto organico e coerente, come se il guscio individuale che racchiude la personalità esplodesse liberandola dalla stretta che la impedisce, disciogliendola in qualcosa di indescrivibile.Le strade dell’illuminazione non prevedono l’adorazione, il timore, la fede o l’amore di Dio. Trascendono anche le categorie del pensiero, nella convinzione che le parole non possano esprimere la verità ultima. Il risveglio non è una conclusione attraverso la riflessione, è stato definito il difficile processo di far tornare i pensieri alla loro origine prima, saggezza basata su un’esperienza religiosa fatta alla fonte dell’esistenza, penetrazione intuitiva della natura delle cose, “aprirsi del fiore della mente”.
Giunti a un determinato punto una sorta di velo si solleva e il tono della propria vita è trasformato, il mondo si presenta con un volto nuovo. Tale scatto è il satori.Tuttavia lo zen può indicare la via, ma lascia il resto all’esperienza di ciascuno. Zhuangtzi disse: “Uno che risponde sul Tao non conosce il Tao. L’altro, anche se interroga sul Tao, non udrà parlare del Tao”. Un buon Maestro fa si che il discepolo veda da sé l’unità oltre le contraddizioni e gli fa cogliere l’opportunità di compiere il salto. La fase preparatoria può durare molto tempo, ma la crisi erompe istantaneamente.
Come scrisse un Maestro, “è il momento in cui poter trasformare questa grande terra in oro massiccio, e i grandi fiumi in un oceano di latte. Perciò non sprecate il vostro tempo con parole e frasi, o con la ricerca dello zen nei libri: non è li che si trova la verità”.Neppure in questo libro forse si trova la verità, non almeno in forma di risposta. Forse, giunti alla fine, potrà nascere un dubbio: se i lumi della ragione siano l’unica illuminazione possibile, se la via dello zen non indichi una verità più vera di quella cui il nostro tempo invita ad affidarsi.
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