Fu così che una mattina di primavera quando il sole era appena spuntato e le acque dello Stretto di Scarpanto apparivano lisce e opalescenti , un’imbarcazione a remi ci portò in quell’isola antica e frastagliata dove, sulla banchina, trovammo ad attenderci la tarchiata figura di Molone in persona.
Avvocato originario di Alabanda, aveva esercitato nei tribunali romani con tale abilità oratoria da essere stato addirittura invitato a pronunciare un discorso in greco al Senato, un onore senza precedenti., si era poi ritirato a Rodi dove aveva aperto una scuola di retorica.
La sua tecnica, l’esatto contrario di quella orientale, era semplice: non muoverti troppo, tieni il capo eretto, non divagare, falli ridere, piangere e, una volta che ti sei assicurato la loro partecipazione emotiva, siediti velocemente: perché nulla si asciuga così in fretta come una lacrima.
Una tecnica del genere era molto congeniale a Cicerone che si affidò completamente a Molone.
Questi, per prima cosa, gli diede per cena una scodella piena di uova sode in salsa di acciughe seguita, nonostante le proteste del suo allievo, da un pezzo di carne rossa alla brace innaffiata da una tazza di latte di capra. “hai bisogno di mettere su un po’ di muscoli giovanotto” gli disse battendosi il torace possente. “Da una cannuccia non è mai uscita una nota poderosa”. Cicerone lo guardò di traverso e continuò obbediente a masticare finché non ebbe vuotato il piatto. E quella sera per la prima volta da mesi dormì profondamente.
All’alba ebbero inizio gli esercizi di ginnastica. “Parlare nel foro e come partecipare a una corsa” gli disse Molone. “Servono forte resistenza.” Finse di tirargli un pugno e Cicerone emise una specie di gemito, barcollando indietro e rischiando di finire a terra. Molone gli ordinò di assumere la posizione eretta, con le gambe tese, e di toccarsi per venti volte le punte dei piedi dopodiché lo fece sdraiare supino con le mani intrecciate dietro la nuca e gli ordinò di tirarci su a sedere un certo numero di volte senza muovere le gambe. Quindi lo fece voltare gli ordinò una ventina di flessioni senza piegare le ginocchia questo fu il regime del primo giorno, e in quelli successivi furono aggiunti nuovi esercizi è aumentata la loro durata. Cicerone riusciva a dormire profondamente non faceva più storie per mangiare.
Passando alla parte declamatoria, Molone portò il suo impaziente allievo dalla corte ombreggiata al sole di mezzogiorno e gli fece recitare dei pezzi mentre percorreva senza fermarsi una ripida salita. Fu grazie a questa pratica, avendo come pubblico solo le lucertole, che Cicerone si irrobustiti i polmoni e imparò a pronunciare il massimo numero di parole con una sola inspirazione. E nel pomeriggio, per la parte relativa all’emissione vocale, Molone scendeva con lui fino alla spiaggia di ciottoli, lo allontanava di una cinquantina di passi e lo faceva declamare sullo sfondo sonoro del mugghio e della brezza marini, quanto di più simile vi fosse al mormorio di tre mila persone all’aperto o al borbottio di centinaia di uomini in conversazione nel Senato. Distrazioni, queste, alle quali Cicerone si sarebbe dovuto abituare.
“Ma per ciò che riguarda il contenuto degli interventi? “ gli chiese un giorno l’allievo.”sei sicuro che mi imporrò all’attenzione soprattutto con la semplice forza dei miei argomenti?” Molone fece spallucce. “Ciò che dirai non mi riguarda. Ricorda Demostene: “solo tre cose contano nella retorica: la dizione, la dizione e infine la dizione.”
“e la mia balbuzie?”
“Nem-meno la tua bal-buzie mi p-preoccupa” gli rispose Molone, con un sorriso e una strizzatina d’occhio. “A parte gli scherzi, è qualcosa che aggiunge interesse e da un’impressione di onestà. Lo stesso Demostene ne soffriva leggermente. Il pubblico si identifica in questi difetti, solo la perfezione e monotona”.
“ mai piegare il collo, mai fare girare i pollici. Non muovere le spalle. nessun oratore degno di tale nome si sognerebbe di leggere da un testo.” Molone preferiva il metodo classico di memorizzazione di un discorso: quello di un immaginario viaggio dentro la casa dell’oratore. “Il primo assunto che vuoi fissare enuncialo e illustralo appena entri, il secondo nell’atrio e così via girando per casa come faresti abitualmente, indirizzando ogni parte del tuo discorso non a ogni stanza ma a ogni statua, ad ogni alcova. Assicurati che ognuno di questi punti sia ben illuminato chiaramente definito e abbia una qualche peculiarità. In caso contrario girerai barcollando come un ubriaco che alla fine di una festa va alla ricerca del suo letto.”
Nell’accomiatarsi da lui, Molone disse a Cicerone: “Mi congratulo con te, Cicerone. E sono sbalordito. Ma al tempo stesso mi dispiace per la Grecia e per il suo destino. La supremazia della nostra eloquenza era rimasta al nostro unico motivo di vanto, e adesso vi siete presi anche quella”.
Poi allungò un braccio, indicando al di là della terrazza illuminata dalle lanterne il mare buio e lontano. “Torna a casa, ragazzo mio, torna e conquista Roma”.
Robert Harris
Da “Imperium”